venerdì 31 maggio 2013

Il grande dono dell'intelligenza emotiva

L'intelligenza emotiva è autoconsapevolezza e empatia. E' strattamente legata alla nostra capacità di relazionarci nel sociale, di saper comunicare, di avere più sensibilità verso gli altri. 

Chi ha una sviluppata intelligenza emotiva riesce a capire subito quando è il momento di parlare o stare zitto, accetta il confronto e percepiesce le differenza apprezzandone i vantaggi. Riesce a percepire l'emotività delle altre persone, a darne un significato e a condividrla con la propria.

E' un dono molto importante, i grandi leader, i grandi comunicatori, possiedono questa dote. Chi ha basato la vita sull'intelligenza mentale fa fatica a accettare questo dato di fatto, anche noi sin da piccoli veniamo ritenuti idonei o meno dalla scuola se dimostriamo di avere intelligenza mentale o meno. Però chi detiene poi il vero potere sono coloro che sviluppano l'intelligenza emotiva perché essa, a lungo andare, rappresenta un vantaggio in termini assoluti.

Questo spiega anche perché gli uomini più potenti al mondo a scuola non avevano ottimi voti o non sono laureati. L'intelligenza emotiva è una guida indispensabile per la nostra parte razionale. Emozione e ragione sono un connubio perfetto. Nel mio e-book "Aikido Mentale" spiego bene questo connubio, se vuoi approfondire puoi trovare il tutto nel primo capitolo (puoi scaricare gratuitamente il primo capitolo facendo click qui).




giovedì 30 maggio 2013

Brand awareness o direct response?

Navigando su Internet si capisce subito che vi sono due fazioni contraposte che se le danno di santa ragione. Questa battaglia ha inizio già agli albori della rete. con il passare del tempo il concetto di brand awareness ha avuto un accostamento con i canadi di comunicazione tradizionali, quali tv, stampa, radio, cartelloni, ecc.

Allo stesso tempo il direct response è diventato lo strumento principe per coloro che operavano in rete. Questi ultimi vantano statistiche aggiornate in tempo reale e indicano il brand awareness come ciò che resta quando la campagna di direct response non funziona.

In realtà la vera differenza tra brand awareness e direct response è il fattore tempo e per usare i termini inglesi possiamo pure chiamarlo time of purchase.  Quijndi nel primo caso il ritorno dell'investimento è posticipato nel tempo e può essere anche mesi o anni, nel primo caso il ritorno è immediato.

Quando Google ha lanciato AdWords, il search Engine marketing ha avuto uno sviluppo notevole e tutte le azienda hanno fatto una corsa per accaparrarsi i primi posti  nei risultati del più famoso motore di ricerca. La battaglia sembrava vinta ma è accaduto un fatto nuovo a dare una mano al brand awareness: il successo di Facebook.

al contrario di Google, Facebook ha un'alta profilazione degli utenti e quindi fa apparire la pubblicità in base agli interesse che dichiariamo man mano che utilizziamo il social network. In pochi mesi abbiamo visto svilupparsi campagne pubblicitarie basate sul "Mi Piace", cioè sulla brand awareness.

La battaglia è ancora aperta, ora aspettiamo cosa farà Google con Google+, quando avrà raggiunto un notevole numero di utenti e li avrà profilati tutti.

In ogni caso direr a priori che è meglio uno anziché un'altro metodo non è corretto.

Una campagna marketing di successo si ha quando vengono prima stabiliti gli obiettivi e solo dopo si pensa agli strumenti da utilizzare.

mercoledì 29 maggio 2013

Insegnamenti di Henry Ford

Continuiamo la nostra breve biografia di Henry Ford, uno degli uomini più influenti del XXIX secolo. Nel primo post "Insegnamenti di Henry Ford: gli esperti vedono sempre i limiti" abbiamo visto il giovane Fordcimentarsi con un motore a combustione interna. Voleva a tutti i costi raggiungere iil suo sogno: far si che tutti viaggiassero con un'autovettura su strade pubbliche.

Nel 1885 ritorna alla fattoria del padre, qui Henry ricava una piccola officina meccanica, dove continua i suoi esperimenti sui motori a gas. Fa molti esperimenti su motori a due cilindri. Nel 1890 si trasferisce a Detroit presso la Detroit electric Company con la qualifica di tecnico meccanico e paga da 45 dollari al mese.

INSEGNAMENTO: nessun lavoro che interessa è duro.Finito il lavoro e rientrato a casa, Henry passava le ora con i suoi motori: Tutte le sere e tutte le notti del sabato lavoravo al mio nuovo motore. Non posso dire che fosse un lavorare molto duro. Nessun lavoro che interessi e’ mai duro. Ero sicuro del mio successo. Esso viene sempre se voi lavorate abbastanza strenuamente”.

INSEGNAMENTO: non c'è scopo a precipitare le cose.
Finalmente nel 1892 completa la sua prima automobile: la “gasoline buggy” con la quale iniziò a correre. La gasoline buggy faceva molto rumore e i cavalli si spaventavano. Per anni fu l'unica automobile che ciroclava a Detroit. A 33 anni la vende
a Carlo Ainsley di Detroit, dopo aver persorso mille miglia e chiude il suo primo affare commerciale: “Non era affatto mio intendimento di costruire automobili in così meschina  misura, io aspiravo alla grande produzione, ma ciò presupponeva che io avessi qualcosa da produrre. Non c’e’ scopo a precipitare le cose”.



martedì 28 maggio 2013

L'illusione che a scegliere siamo noi

Appena ci alziamo la mattina dobbiamo compiere delle scelte: con cosa facciamo colazione, come ci vestiamo, con che auto usciamo da casa? Quando decidiamo di acquistare un vestito, già altre persone lo hanno pensato, gli hanno dato una forma e un colore, hanno deciso il materiale e quale cannale distributivo utilizare.

Sembra che non facciamo altro che decidere, continuamente durante tutto l'arco della giornata. Siamo poi così sicuri di prendere delle decisioni vere? 

Se operassimo una versa scelta non dovremmo scegliere cose già prese in precedenza, bensì dovremmo andare oltre a ciò che ci viene proposto. Ma allora perché non lo facciamo? La risposta è semplice: perché è difficile, dovremmo analizzare troppe opzioni, dovremmo studiare nel dettaglio troppi particolari, dovremmo confrontarli tra di loro e decidere il migliore, ecc.

Siamo portati a sintetizzare, a categorizzare e quindi non c'è nulla di strano se quando scegliamo ricadiamo nei vecchi percorsi neurali. Abbiamo bisogno di semplificare perché la vita è difficile, complessa e ci riserva sempre nuove opportunità.
 
Allo stesso tempo non bisogna credere che le scelte che facciamo giornalmente siano parte essenziale della nostra vita e del nostro lavoro. Non lo sono affatto, anzi sono sfatte solo per semplificarci la vita, quindi non per complicarcela. Le vere scelte, quelle ponderate, quelle dove la riflessione vince sulla spontaneità, sono quelle che contano davvero.

lunedì 27 maggio 2013

Le scelte urgenti raramente sono quelle più importanti...

gestione del tempo
Non è per nulla facile fare una cosa al momento giusto, ma come quasi tutte le cose possiamo imparare a farlo. Iniziamo con il distinguere tra importante e urgente.

A partire da oggi, prima di operare qualsiasi scelta tracciamo su un foglio la matrice di Eisenhower riportata nella figura accanto.

Dividiamo il foglio in quattro quadranti e inseriamo il compito da svolgere nel giusto quadrante. 

Espandiamo questo esercizio a più cose da fare. se ad esempio la maggior parte delle cose che dovremo svolgere stanno nel quadrante "Urgente e importante" significa che abbiamo perso il controllo sulle cose e stiamo reagendo alle occorrenze.

Dobbiamo allora passare ad una programmazione proattiva ed iniziare a chiederci: "Quando inizieremo ad espletare compiti importanti ma non urgenti? Dobbiamo quindi trovare, ora e non dopo, il tempo per svolgere dei compiti importanti ma non ancora urgenti. 

Nel quadrante "Importante e non Urgente" che vengono prese le decisioni strategiche, quelle a lungo tempo. In questo quadrante possiamo veramente dire di programmare il nostro futuro.


venerdì 24 maggio 2013

Il team vincente

Team aziendale
Nella maggior parte delle aziende i manager si lamentano per la scarsa coesione dei team di lavoro ma allo stesso tempo premiano la performance dei singoli individui. Ma perché allora non attivano politiche di gruppo? Perché è difficile organizzare i gruppi, seguirne le dinamiche, dettare le regole, condividere i valori, condividere gli obiettivi, responsabilizzarsi reciprocamente. In un'unica parola possiamo dire che è difficile instaurare il giusto grado di fiducia

Quando si lavora in team si ottengono risultati a cui i singoli non arriverebbero mai, ma organizzarlo richiede troppo tempo e molte aziende, sbagliando, abbandonano il progetto.

Un team di lavoro che eccelle e porta risultati è coeso ed entusiasta: quando si verifica ciò il team fa dei veri e propri miracoli.

Un altro motivo per incoraggiare la formazione di team in azienda è che all'interno di questi nascono nuovi leader che mettono a frutto un'esperienza che poi sarà utile quando dovranno in futuro coordinare più team di lavoro. 

giovedì 23 maggio 2013

Pubblicità: meglio dire il contrario...

Stampa, tv, radio, Internet: i pubblicitari sono sempre alla ricerca di un modo nuovo di comunicare di eccellere, di evidenziarsi nella totalità degli annunci giornalieri che invade la nostra vita quotidiana.

E allora perché, anziché vantarsi, far vedere sempre e solo il lato positivo del prodotto/servizio non iniziamo a fare il contrario? 


Perché non iniziamo a dire che il nostro prodotto non va bene per alcuni clienti e spieghiamo il perché?
Ovviamente dobbiamo spiegare il perché. Chissà, qualcuno potrebbe essere incuriosito ed andare in fondo alla questione...

Esempio
Anziché dire che la vettura è equipaggiata con tecnologia avanzata di ultima generazione che solo noi siamo in grado di offrire al cliente, potremmo dire che quel modello di vettura non tutti saranno in grado di utilizzarne le novità tecnologiche perché...

mercoledì 22 maggio 2013

Superare i propri limiti...



Nel corso della nostra vita abbiamo avuto modo di sviluppare dei preconcetti limitanti. Questi preconcetti, altro non sono che convinzioni che limitano il nostro agire. 

Una volta fatte nostre, queste convinzioni, sono difficili da sradicare.

Al circo, vedendo la gabbia dell'elefante vi sarete domandati perché un elefante adulto e un cucciolo sono legati a una catena delle stesse dimensioni, conficcata con un piccolo piolo nel terreno. Quanto è logica questa cosa? Per noi molto, per un addestratore è una cosa normale, infatti egli è capace di domare gli elefanti del circo usando un trucco molto semplice: quando l'animale è ancora cucciolo, lega una zampa a un albero. Non importa quanto si dimeni, il piccolo elefante sarà incapace di liberarsi. Col passare del tempo, si abitua all'idea che il tronco dell'albero è più potente di lui. Quando diventa adulto con una forza straordinaria, chiunque può annodargli un laccio alla sua zampa e legarlo ad un arbusto perché non cercherà nemmeno di liberarsi. 

Il cucciolo, che continuamente tira e strappa la catena, ha ancora la motivazione per avere successo, e la convinzione di potercela fare.

Il vecchio elefante ha dimenticato come si combatte per la libertà. Ha imparato la lezione molto tempo fa, quando era un cucciolo e, nonostante i suoi sforzi, è rimasto prigioniero. Così, ora che è un adulto e ha la forza di dieci uomini, egli pensa a se stesso come a un prigioniero e ha abbandonato la lotta.


Come per gli elefanti, i nostri piedi spesso sono legati ad una palla di ferro, essa ci permetterà di camminare ma mai ci farà prendere il volo!

Alcune nostre credenze hanno ristretto il nostre orizzonte di possibilità: l'unica via d'uscita è la ricerca continua di nuove esperienze.

Ora vi invito a riflettere sul vostro lavoro o sulla vostra vita familiare. Frasi come "tanto non servirebbe a nulla", oppure "non ne sono capace", "non accetterebbe mai", "nessuno prima è mai riuscito a..." cosa vi dicono?

martedì 21 maggio 2013

La competenza spesso frena la possibilità...

Quando diventiamo più esperti, acquisiamo anche più competenza in un settore speccifico e più riusciamo ad ottenere ottimi risultati.

Quando otteniamo risultati pensiamo di aver intrapreso la giusta strada, di aver saputo scegliere la giusta competenza da padroneggiare a tal punto da innamorarcene. E quando ci innamoriamo iniziano i problemi, diventiamo gelosi della nostra competenza e cerchiamo di proteggerla a tutti i costi. Ci chiudiamo a riccio e perdiamo di vista la facoltà di andare oltre, di leggere il continuo mutamento del mercato, di afferrare nuove possibilità.

Per crescere dobbiamo fare qualcosa dove non siamo bravi, dove dobbiamo esplorare, sperimentare. Dobbiamo affrontare quella zona di "sconfort" che tanto ci mette paura. E' proprio l'essere stati bravi che molte volte frena le persone e le rende incapaci ad affrontare nuove situazioni. 


lunedì 20 maggio 2013

Principi e valori: una gida perfetta.

Ogni azione che svolgiamo ha una conseguenza. Può piacerci o no, ma se portiamo alla tempia una pistola ed esplodiamo il colpo, anche se in quella frazione di tempo ci pentiamo, non possiamo più tornare indietro.
Anche quando costruiamo immensi edifici ed un terremoto li spazza via assistiamo alla forza della natura che ci sovrasta. E' questa una legge naturale e non possiamo farci nulla!

La cosa che possiamo fare è vivere in base a queste leggi e rispettarle. Violarle potrebbe significare l'autodistruzione dell'essere umano (pensiamo alla bomaba atomica, ad armi di distuzione di massa, ecc.). L'uomo ha l'autoconsapevolezza e quindi è in grado di scegliere, ha un dominio sugli altri animali.

Noi possiamo scegliere di vivere in base ai principi naturali, possiamo decidere di fermare l'inquinamento dell'aria, delle acque, dei mari, del territorio o possiamo continuare ad inquinare il pianeta. Arriverà però un giorno dove la natura ci presenterà il conto e dovremo pagarlo, se non noi la nostra stirpe.

I valori, a differenza dei principi, sono personali, influenzati dalle emozioni umane e soprattutto sono discutibili. Noi stessi, nel corso della vita, cambiamo i nostri valori. I principi sono immutabili, non influenzabili.

In altre parole, il nostro comportamento è dettato dai valori che facciamo nostri, mentre le conseguenze dai principi naturali. Anche i criminali hanno dei valori, valori che però non si basano sui principi.





giovedì 16 maggio 2013

Insegnamenti di Henry Ford: gli esperti vedono sempre i limiti


Inizia con questo post una breve biografia di Henry Ford accompagnata dagli insegnamenti che ci ha lasciato.

Ford discende da una famiglia di pionieri americani proveniente dall'Irlanda che si insedia a Dearbonville, nel Michigan nell'anno 1832.



In merito al lavoro sui campi Henry Ford dice:
"Il mio primo ricordo e' che, in proporzione ai risultati, c'era troppo da lavorare su quei campi…. pur essendo molto giovane io pensavo che gran parte di quel lavoro si sarebbe in qualche modo potuto fare in condizioni migliori…. questo e' il motivo che mi condusse alla meccanica", "il maggior avvenimento di quei primi  anni (1875 – dodici anni) fu l'incontro con una locomobile”  Lascia così i campi e a 17 anni entra come apprendista meccanico nell'officina  “Dry dock engine works”.

A soli 19 anni entra come  meccanico in un rappresentante locale della Westinghouse,  che produce locomobili per lavori stradali e macchine agricole. Il giovane Henry Rimane colpito dallo squilibrio tra il peso della macchina e la sua utilità.

INSEGNAMENTO: gli esperti vedono sempre i limiti
Subito capisce che alle persone interessasse di più un veicolo viaggiante sulle strade pubbliche che sui terreni agricoli, capisce subito che il vapore non è l'energia adatta ed inizia a cercarne una alternativa. Capisce subito che la soluzione è nel motore a combustione interna. Tutti gli esperti erano contrari a tale soluzione, ecco cosa dice Ford in merito agli esperti:
"è questo l'abituale modo di pensare delle persone sagge: sono così sagge ed esperte da sapere sempre esattamente perché qualche cosa non si possa fare: esse vedono sempre i limiti".

INSEGNAMENTO: cogli l'occasione
Nel 1885 gli capita di riparare un motore Otto presso la “Eagle iron works” di Detroit. Ford scrive: “nessuno in città s’intendeva di tali macchine. Corse la voce che io le conoscessi e benché nessuno di quei congegni fosse passato mai per le mie mani, io m’assunsi il lavoro e lo condussi a termine”. 
Non perse questa occasione per studiare direttamente la macchina e nel 1887, a soli 24 anni ne costruì una sul modello Otto a quattro cicli, tanto per vedere se avesse compreso bene i principi”.  Esso funzionava a benzina e benché non sviluppasse molta energia era proporzionalmente più leggera di tutte le macchine finora apparse sul mercato.

Poni al centro della tua vita i principi universali...

I prinicpi sono universali quando trascendono il periodo di tempo che viviamo, la cultura, la geografia.  Non sono legati alla razza, al potere, al profitto. 

Non si vedono, ma la loro influenza colpisce tutti, come un magneti ci indirizzano verso una direzione, come la forza di gravità, non si vedono ma ci attraggono e ci rendono liberi di muoverci.

Principi come onestà, bontà, rispetto, equità, giustizia, contributo non hanno né tempo, né spazio. Quando, nei miei corsi, parlo dei principi naturali, molti partecipanti mi dicono che sono in disaccordo. Molti mi dicono che noncredonin ciò che è giusto e in ciò che è sbagliato, ciò che è equo e ciò che è iniquo.

A queste affermazioni rispondo dicendo che affronteremo dopo la discussione e che ora dobbiamo andare avanti con il corso. Propongo solo ad alcune persone una gara, coloro che la vinceranno avranno come premio un pranzo pagato da me. 

Volutamente escludo dalla gara coloro che mi hanno dichiarato poco prima di non credere nell'equità e nella giustizia. La reazione è istantanea, contraddicendosi mi dicono che non è giusto, anche loro dovrebbero poter partecipare alla gara. Si sentono esclusi e non sanno il perché. 

Questo ci fa capire due cose importanti, l'uomo ha bisogno di alcuni principi guida, di come deve comportarsi ma allo stesso tempo è pronto ad infrangerli in ogni momento.

mercoledì 15 maggio 2013

Fingersi sciocchi per mettere tutti nel sacco

A chi piace sembrare più sciocco degli altri? A pochi, penso. Eppure questa è una regola che utilizzano molto spesso uomini d'affari, diplomatici, politici, manipolatori...

La sensazione che altri siano più bravi e più intelligenti di noi non la tolleriamo per nulla. La prima reazione è quella di trovare delle scuse: "i miei non mi hanno fatto studiare", "conosce solo questo argomento", "se solo anch'io avessi potuto...", ecc.

Quando incontriamo una persona che ci sembra più brava di noi ci mettiamo subito sulla difensiva, ponderiamo meglio le parole e pesiamo con ponderatezza i pensieri e le azioni. 

Per disinnescare questo nostro stato di attenzione molti manipolatori di professione utilizzano la regola del fingersi sciocchi per metterci nel sacco. Ci fanno credere che siamo più intelligenti di loro in modo da farci abbassare la guardia e colpirci non appena ne avranno l'occasione.

Uso spesso questa regola e funziona sempre perché fa appello al desiderio umano di sentirsi superiori. Più le persone si sentono superiori più ci cascano. E' una regola semplice ma di difficile applicazione perché è importante "mordersi la lingua" specialmente quando vorresti "dirgliene quattro", specialmente quando iniziano a trattarci come sciocchi.

Questa ed altre regole manipolatorie sono trattate nel mio ebook "Aikido Mentale

Sia nell'ebook che nell'audiobook spiego come  difendersi sia dalle persone negative sia dai manipolatori di professione. Una tecnica che ti farà scoprire se chi hai di fronte è veramente uno sciocco o sta recitando una parte per stringerci poi il cappio al collo.

martedì 14 maggio 2013

Che esperienza fai vivere ai tuoi clienti?

Nel post "Se non curi il tuo cliente, qualcuno lo farà e te lo ruberà" abbiamo visto che i clienti devono diventare i primi tifosi dell'azienda. Per fare ciò non basta proclamare la propria vision ma è necessario pianificare l'intero processo nel dettaglio. 

La domanda base da porsi prima di iniziare a buttare giù qualsiasi programma è: quale esperienza vogliamo far vivere ai nostri clienti ogni volta che si interfacciano con la nostra azienda?

Molti passano anni a fare domande al cliente su cosa vorrebbero, ma è tempo perso, siamo noi che dobbiamo decidere che tipo di relazione deve instaurarsi tra l'azienda ed il cliente! Con questo non intendo dire che il pensiero dei clienti non conta (anzi è importantissimo e occorre saperlo monitorare) ma che noi dobbiamo proiettarci nel futuro e immaginare la situazione ideale e a tracciare l'esperienza che il cliente dovrà vivere.

Di seguito alcune domande concrete alle quali invito a rispondere:


  1. Come vengono accolti i clienti?
  2. Come interagiamo al telefono?
  3. Che strumenti web hanno a disposizione per interagire con noi?
  4. Che strumenti ha il personale per risolvere un eventuale problema del cliente?
  5. Come interagiamo con lui in azienda?
  6. Come interagiamo con lui dopo l'acquisto o la fruizione del servizio?
  7. Come risolviamo un problema?
  8. Come facciamo a sapere che è un nostro tifoso?


lunedì 13 maggio 2013

C'é crisi? Tagliamo i costi...

Tutte le organizzazioni hanno bisogno di finanziarsi. Chi investe in un'azienda deve credere che l'azienda produca utili e non debiti. Gli investitori devono stimare il management, avere fiducia in loro e organizzare delle periodiche valutazioni sull'andamento stesso dell'azienda. 

Vi sono due modi per garantirsi il successo e quindi ripartire gli utili. 

Il primo segue un vecchio paradigma, quello del "fare di più con meno".  Questo avviene quando il successo dell'azienda è dovuto alla differenza tra due valori: entrate e uscite. Questo concetto viene definito come downsizing: da un lato si riduce il personale, dall'altro si cerca di aumentare il fatturato.

Il secondo metodo si basa su un nuovo paradigma, quello del "valore del personale coinvolto". Qui il successo arriva quando tutto il personale lavora in un'unica direzione, quando è consapevole dei risultati finanziari, quando fa propri gli obiettivi e "mette del suo". Se il personale è informato sui costi aziendali riesce a gestirli meglio: è sorprendente ma vero.

venerdì 10 maggio 2013

Sei proattivo o reattivo?


Sei proattivo o reattivo?
Il modello proattivo, invece di basarsi sulla reazione, si basa sulla libertà di scegliere la risposta da dare ad un determinato stimolo. In molti corsi si insegna che essere proattivi significa prendere l’iniziativa. Essere proattivi significa prendere coscienza di noi  e guidare la nostra vita. Significa diventare responsabili del viaggio che abbiamo intrapreso, senza scusanti o condizionamenti. Responsabilità significa “abilità di risposta”, cioè significa essere abili nello scegliere la risposta giusta.

Per capire il tuo livello di proattività pensa a dove concentri il tuo tempo e la tua energia. Pensa alle tue preoccupazioni, sia a livello professionale che personale. Ci sono preoccupazioni (figli, lavoro, debiti, guerra, inflazione, risparmio), sulle quali non puoi agire personalmente, mentre altre puoi controllarle? Ora quelli su cui puoi agire inseriscili nella sfera d’influenza, mentre gli altri inseriscili nella sfera di coinvolgimento. Quale delle due sfere è più grande?



La persona proattiva impegna molto la sfera d’influenza. E’ attento a scegliere quei fattori che può cambiare con il suo comportamento. Questo continuo lavorare sulla sfera di influenza porta ad allargarla, ad espanderla. La persona reattiva, invece, si concentra sulla sfera di coinvolgimento. Reagisce a ciò che gli sta attorno. Polarizza la sua attenzione su cose che nono può controllare. Il risultato si vede dai suo atteggiamento accusatorio. “Non sono riuscito a fare questo e quello per colpa del… governo, del titolare, del cliente, ecc.”  Questo meccanismo comporta la compressione da parte della sfera di coinvolgimento nei confronti di quelle d’influenza.

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